Ci siamo lasciatə con la storia di Helené De Klerk, i suoi dieci anni come ministra della Chiesa Riformata Olandese (NGK) a Città del Capo in Sudafrica e un forte accento su delle chiese partecipate, non gerarchiche.
Nelle scorse settimane ho avuto l’opportunità di tenere una formazione alla Piccola scuola per vite risvegliate di Milano e mi è stato proposto di organizzare lo spazio in cui svolgere l’incontro così:
Una chiesa rovesciata, con i banchi spostati dalle loro solite posizioni per stare in cerchio e vederci tuttə. Mi è sembrato molto in linea con ciò che raccontava De Klerk: una Chiesa che appartiene a chi la vive.
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Perché tutte queste differenze religiose?
Nello scorso numero Helené De Klerk, che ha risposto alle mie domande da Città del Capo, raccontava quanto è diversificato il panorama religioso sudafricano.
Se ti sei persə l'intervista a De Klerk,
la trovi qui.
Il Sudafrica è un Paese a maggioranza cristiana: parliamo dell’81.81% della popolazione secondo ARDA. Per capirci, secondo la stessa fonte in Italia la percentuale ammonta a 77.51%, ma con una grande uniformità: quasi tutte le persone cristiane italiane sono cattoliche (74.59%). In Sudafrica, invece, le suddivisioni interne non mancano:
il 22.27% della popolazione è protestante;
il 6.49% cattolico;
il 41.01% costituito da persone cristiane indipendenti, slegate dalle denominazioni storiche o istituzioni religiose centralizzate. Un dato aumentato molto negli ultimi quarant’anni;
il 12.30% composto da unaffiliated Christians, che si identificano come cristiane ma non appartengono formalmente a una chiesa o a una denominazione specifica;
infine lo 0.05% è ortodosso.
E all’interno di ogni gruppo ci sono numerose differenze e micro comunità. Basta pensare alla realtà protestante e al fiorire di denominazioni al suo interno. Il quadro che i dati mostrano è davvero composito, anche per via della storia sudafricana.
L’arrivo del cristianesimo in Sudafrica
La presenza cristiana in Sudafrica risale al 1652, quando la Compagnia olandese delle Indie orientali fondò una base a Città del Capo per rifornire di cibo e carburante le navi in viaggio tra i Paesi Bassi e l'Asia. Con la costruzione della prima colonia permanente nella zona, arrivò anche l’istituzione religiosa. Inizialmente solo la Chiesa Riformata Olandese (NGK) ottenne il permesso di esercitare il culto pubblico. Questo perché era la denominazione praticata dai dipendenti della Compagnia. Naturalmente ciò spiega anche perché oggi è la Chiesa più istituzionalizzata del Paese.

La sua origine risale alle comunità protestanti olandesi che, perseguitate dalla Chiesa cattolica, si riunivano in segreto tra Belgio e Germania. La Chiesa Riformata dei Paesi Bassi (in olandese Nederlandse Hervormde Kerk, NHK) nacque ufficialmente nel 1571, durante il Sinodo di Emden (in Germania), ispirandosi alla proposta di Giovanni Calvino. La NGK è più precisamente la sua versione sudafricana, che restò dipendente da Amsterdam fino alla fine del ‘700, quando, con l’occupazione britannica del Sudafrica, allentò i legami con la madrepatria iniziò a svilupparsi in modo sempre più autonomo.
Negli anni ‘30 del ‘700 arrivò in Sudafrica Georg Schmidt, che fondò la missione Fratelli moravi (anche detta Unione dei Fratelli boemi o Chiesa morava), un gruppo religioso erede della proposta di Jan Hus diffuso, appunto, in Boemia e Moravia. Questa denominazione entrò subito in contatto con la popolazione khoekhoe, che abitava le regioni costiere del Sudafrica prima dell'arrivo dei coloni europei. Nel 1742 Schmidt battezzò cinque schiavə khoekhoe generando un forte scandalo. Si credeva, infatti, che il battesimo dovesse essere riservato alle persone libere, non a quelle in schiavitù. La tensione raggiunse livelli tali per cui il fondatore dei Fratelli moravi dovette lasciare il Paese.
Di solito si legge che le missioni restarono chiuse per 50 anni ma in realtà furono portati avanti da Vehettge Tikhuie. Cuoca e governante di Schmidt, fu una delle cinque persone in schiavitù battezzate. Dopo il battesimo, le venne dato il nome di Magdalena e fu una delle prime leader della chiesa indigena sudafricana. Predicò per anni, insegnò leggere la Bibbia e a pregare. Il volume che utilizzava è conservato oggi nel Genadendal Mission Museum.

Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 molti missionari cristiani arrivarono in Sudafrica, che ormai era uno snodo chiave del commercio tra Europa e Asia. Provenivano da Inghilterra, Scozia, Francia, Stati Uniti e Paesi Bassi. Tradussero i testi sacri nelle lingue locali, facendo delle colonie nell’estremo sud del continente la porta d’ingresso per l’evangelizzazione dell’Africa meridionale e subsahariana.
Sempre nell’800 iniziò a radicarsi anche il cattolicesimo tramite l’arrivo di missionari francescani, domenicani e gesuiti. Già alcuni secoli prima i coloni portoghesi avevano tentato di importare la religione cattolica ma senza successo.
A inizio ‘900 i conflitti tra le diverse denominazioni portarono alla fondazione delle prime chiese indipendenti africane, come la Zion Christian Church e la Nazareth Baptist Church. Il loro scopo era ottenere piena autonomia dalle missioni in termini di leadership, organizzazione, dottrina e culto. Fondate da africanə per africanə, queste Chiese sono state una delle prime manifestazioni di indipendenza religiosa e culturale, amalgamando cristianesimo e pratiche tradizionali. Negli stessi anni si diffusero anche le chiese pentecostali, provenienti dal continente americano, e fiorirono le comunità carismatiche.
Qui alcune foto delle persone devote alla Nazareth Baptist Church che pregano e danzano sul monte sacro Nhlangakazi. Sono state scattate dal fotografo Rajesh Jantilal a gennaio 2024.
Arriviamo quindi al periodo dell’apartheid (1948-1991). Una parte significativa della storia del Paese, delle chiese e della NGK in particolare. Infatti non fu solo una questione politica, ma anche religiosa. Alcune Chiese elaborarono delle proposte teologiche per appoggiare il regime e le sue divisioni razziali. La NGK sostenne apertamente l'apartheid e divenne di fatto la religione ufficiale del National Party. Addirittura prima del suo inizio, fondò una chiesa specifica per le persone non bianche (1881) e impose alle persone nere di pregare separate dal resto della comunità (1910).
Il sostegno da parte dei piani alti della NGK all’apartheid fu significativo, anche perché era la denominazione con una presenza minore di persone razzializzate. Le persone non bianche erano quindi una minoranza più facilmente stigmatizzabile che altrove.
Eppure alcuni membri del clero della NGK si opposero alla segregazione razziale. È il caso di Christiaan Frederick Beyers Naudé. Inizialmente sostenitore della supremazia bianca, alla luce della violenza dell’apartheid, mise in discussione i valori del National Party. Condannò dal pulpito la segregazione razziale, si tolse la tonaca e venne ostracizzato dalla sua chiesa riservata ai bianchi negli anni '60. Venne poi accolto da una parrocchia nera e si dedicò per il resto della vita alla lotta contro l’apartheid.
Proprio via delle sue posizioni la NGK nel 1982 fu espulsa dalla World Alliance of Reformed Churches, che ritenne la segregazione razziale un peccato. Nel 1986, però, cambiò la sua posizione sull'apartheid e aprì le porte a tutte le etnie.
Parallelamente alti funzionari della Chiesa cattolica sudafricana si opposero alla segregazione razziale, ma alcunə fedeli si schierarono a favore delle politiche razziste. La Chiesa metodista, a maggioranza nera, prese posizioni apertamente anti apartheid e la Chiesa anglicana si trovò divisa: moltə anglicanə bianchə rifiutavano il coinvolgimento politico, mentre diversə anglicanə nerə divennero leader della resistenza.
È il caso di Desmond Tutu che si unì apertamente al movimento di protesta contro l'apartheid, attirando l'attenzione dell’opinione pubblica occidentale sul fallimento delle riforme del governo bianco. Forte sostenitore della non violenza, due anni dopo, divenne il primo arcivescovo anglicano nero di Città del Capo e per un decennio utilizzò il pulpito della cattedrale di St. George come base per sostenere la lotta contro la segregazione razziale, intervenendo nel dibattito politico a fianco di Nelson Mandela e dell’ANC (African National Congress). Per il suo impegno nel 1984 ricevette il premio Nobel per la pace e nel 1996 Mandela lo nominò presidente della Commissione per la verità e la riconciliazione, incaricata di mostrare e curare le ferite lasciate da decenni di repressione e violenza.

Oggi la questione della riconciliazione è sensibile in tutte le denominazioni e la NGK è tra le chiese che si impegnano per la giustizia sociale, cercando di fare ammenda per le colpe storiche.
D’altronde, come ha detto Helené De Klerk nell’intervista,
Se la Chiesa non è impegnata a far qualcosa in merito, non ha senso essere una Chiesa
To be continued
Per oggi è tutto. Nel prossimo numero ci spostiamo nella penisola iberica per parlare di giovani, rapporto con il sacro e turismo religioso.
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